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Il modello attuale del negozio “fisico” ha ancora un futuro?

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In Uk le previsioni dicono che nel 2020 il 50% delle vendite avverrà on-line e, a causa di ciò, chiuderanno il 23% dei punti di vendita “fisici”, il consumatore apprezzerà maggiormente i servizi più che i gadget e richiederà negozi maggiormente esperenziali. I prezzi varieranno anche più volte al giorno per il mass market.

Il nuovo format non ha bisogno di spazi grandi, le gestioni integrate migliorano approvvigionamenti e rotazioni, forniscono informazioni in merito a preferenze e richieste. Tanto che anche Ikea, leader nella standardizzazione di un modello di vendita, riduce oggi le sue superfici del 65%.

Delle varie motivazioni di questi cambiamenti, tecnologia e connettività costituiscono la maggior parte, ma anche la mancanza di tempo e la sua percezione come risorsa preziosa.

Questa riporta i consumatori sotto casa con nuove modalità: ordine on-line, preferibilmente dall’ufficio, e ritiro al rientro a casa. Occorre quindi puntare sulla qualità del servizio.

Rivoluzione digitale, coinvolgimento, stimolo, sedurre il cliente con esperienze, mediaticità, sono le nuove parole del commercio. Esperienza che inizia dal mobile, prima ancora che vi sia il fisico accesso al punto di vendita, e si conclude con la condivisione nei social.

Tramite il codice a barre e il QR il consumatore accede a tutte le informazioni sui prodotti, così come il retailer non ha mai avuto tante informazioni sui propri consumatori come oggi: fidality card, scontrini, ricerche e interazioni tramite eventi e social network.

Il cliente, da recenti studi, si rende disponibile a un’interconnessione mobile a fronte di sconti e offerte personalizzate a negozio. Il negozio quindi deve rendersi digitale, agile e interconnesso anticipando le tendenze, sfruttando appieno questa disponibilità/possibilità.

Riccardo Garosci (Comitato Scuola e Cibo EXPO 2015, del MIUR e cofondatore SHOP) parla di cambiamento sociale più che economico, dove i pilastri sono la produzione, la distribuzione e le istituzioni. Occorre uscire dal vecchio concetto di Grande distribuzione e applicare il nuovo concetto di moderna distribuzione, “poiché non servono più grandi superfici per una distribuzione ampia e di qualità”.

Suggerisce poi, alle catene di superare il concetto di canale, il Discount contenuto nel Super e nell’Iper, per esempio. Occorre invece guardare alle nuove formule di successo dove alla vendita dei beni è affiancata l’esperienza della ristorazione.

Le istituzioni invece dovrebbero lavorare per aumentare la cultura soprattutto tra i giovani, che saranno i consumatori del futuro.

Anche da Destination Next tutte le ricerche vertono sull’uso della tecnologia a integrazione ed efficientamento tra la catena produttiva e la distribuzione, sul sistema automatico di approvvigionamento dei beni. Inoltre l’uso della tecnologia sull’importanza esplosiva dei concetti di benessere; condivisione di informazioni sui social; l’importanza del tempo come risorsa scarsa; arrivando al concetto di “mix di vendite reali e informazioni digitali” che condizionerà la localizzazione dei negozi, la loro dimensione.

Il FUTURO DEL COMMERCIO E’ IL COMMERCIO

Il commercio è basato sulla negoziazione tra chi offre e chi cerca un bene. Ognuna delle due parti ha una propria idea di prodotto e in qualche modo ci si deve incontrare per la soddisfazione delle reciproche esigenze.

Comprendiamo da questo, che i cambiamenti sociali e il contesto economico possono fare la differenza tra un caso di successo e uno di insuccesso.

Dopo un lungo periodo di desertificazione dei centri assistiamo a un ritorno ad esso.

Il retail sarà fondato sul digitale ma con punto di vendita fisico.

Il negozio dovrà essere più luminoso, aperto (con corsie larghe) e green. E’ punto di aggregazione, è esperienziale.

Se negli anni ottanta il centro commerciale fuori città rispondeva a tutti questi bisogni, oggi non più. Vi è un ritorno al centro con delle nuove formule di “centri commerciali naturali” cioè di raggruppamento di negozi diversi tutti in un’unica via o zona della città.

Oggi sono disorganizzati poiché si formano spontaneamente, la nuova frontiera è di studiare la popolazione del luogo, le abitudini locali e la conseguente “creazione” o meglio “strutturazione” in un’idea di “addressibility” secondo il nuovo concetto “è tutto nel viaggio, non nella destinazione”.

IL CONSUMATORE AL CENTRO

Il consumatoRe, il consumAttore, il consumAutore sono tre figure che hanno caratterizzato la contemporaneità e che definiscono il consumatore come il centro, il protagonista e il codefinitore del retail.

Questi tre simboli saranno al centro, insieme ai concetti fondamentali che consentono di comprendere l’aspetto relazionale ed emozionale nella società postmoderna: l’immersione, la contaminazione e il nomadismo.

La prima pone al centro dell’attenzione il coinvolgimento nelle esperienze d’acquisto; la seconda indica il mescolamento di modelli comportamentali fra loro differenti, come testimoniano per esempio la moda e il design, che spesso uniscono in modo armonico stili di epoche diverse; il terzo, il nomadismo, trova la sua espressione più forte nell’uso di internet e delle applicazioni mobile, infatti il cybernauta esegue una navigazione esplorativa di vari prodotti e servizi.

Il consumatore acquisisce una libertà di agire nettamente superiore al passato, allontanandosi dalla bulimia dei consumi valorizza le sue scelte in ragione di esigenze più articolate, ponderate e mirate.

È per queste ragioni che il retail di tipo tradizionale deve proporre shopping sempre più esperienziali e diffusi che abbracciano molti settori della vita quotidiana e che richiedono forme di marketing accurate e pervasive.

IL GRANDE ERRORE: CONCEPIRE RETAIL E ONLINE SEPARATAMENTE

Il cambiamento nei modelli comportamentali ha permesso che vengano dedicate molte ore a settimana per raggiungere i punti vendita, spesso ubicati fuori dall’abitato cittadino, che presentano difficoltà a trovare parcheggio, a memorizzarlo e infine a iniziare, carrello alla mano, le complicate operazioni di recupero del prodotto. Nel tentativo di risparmiare tempo, alcuni iniziano a scegliere di acquistare online, ma devono affrontare altri tipi di problemi: logistici, di pagamento, di assortimento, etc.

Chi compie entrambe le operazioni una delle prime cose che nota è l’assenza di integrazione tra il fisico e l’online: i due canali di vendita parlano quasi sempre linguaggi diversi perché partono dal presupposto che i consumatori appartengono a gruppi completamente differenti.

L’integrazione dei due canali di vendita (fisico e digitale) ha come obiettivo un unico sistema di distribuzione intuitivo e integrato, che può avere la sua sintesi nei “carrelli intelligenti” prima e nei dispositivi mobili poi. In mezzo c’è molta sperimentazione tra i grandi gruppi di distribuzione e una complessa trasformazione del processo di acquisto che ha come primo obiettivo proprio la cross- medialità e la costruzione di esperienze-ponte: vale a dire, interazioni che garantiscono all’utente una continuità nel passaggio da un contesto a un altro.

Ciò permette all’utente di mantenere un modello mentale e un’interazione omogenei lungo un intero processo che abbracci più contesti differenti. L’integrazione del retailing tradizionale con l’e- tailing è ormai urgente e si tratta di costruire esperienze-ponte.

Nel caso della Distribuzione la sfida è elaborare un’integrazione che renda gli oggetti maggiormente trovabili, permetta un risparmio di tempo ed energie, crei user experience più ricche.

Fonte: RESOCONTO SHOP2015

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